IL TRIBUNALE 
 
    Il Giudice unico, dott. Giovanni Benassi,  a  scioglimento  della
riserva di cui all'udienza del 23  maggio  2012,  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 3412/2010 R.G.Lav.
promosso da: Corticella Molini Pastifici S.p.a., in persona del dott.
Stefano Cometto, procuratore speciale giusta  procura  rilasciata  in
data 9 gennaio 2008 con  scrittura  privata  autenticata  dal  notaio
dott. Vincenzo Minna, rappresentata e  difesa  per  mandato  posto  a
margine del ricorso introduttivo dall'avv. Grazia Cumani,  presso  il
cui studio e' pure elettivamente domiciliata in Bologna, via A. Costa
n. 129, ricorrente; 
    Contro Istituto nazionale della previdenza  sociale  -  INPS,  in
persona del legale rappresentanze pro tempore, che agisce in  proprio
e quale mandatario speciale della Societa' per  la  cartolarizzazione
dei crediti INPS - S.C.C.I.  S.p.a.,  giusta  procura  a  rogito  del
notaio G. Tomazzoli di Roma del  15  febbraio  2000,  rep.  n.  9320,
rappresentato e difeso in giudizio dall'avvocato Roberta  Lezzi,  per
procura generale alle liti rilasciata per atto a ministero notaio  L.
Blasi  di  Roma  del  31  ottobre  2003,  rep.  73809,  elettivamente
domiciliato presso l'Avvocatura della sede provinciale dell'Istituto,
in Bologna, via Gramsci n. 6, convenuto; 
    E  contro  Istituto  nazionale  per  l'assicurazione  contro  gli
infortuni sul lavoro, in persona del Direttore generale  pro  tempore
dell'Emilia-Romagna, rappresentato e  difeso  dall'avvocato  Torquato
Pirani, per procura generale alle liti rilasciata per atto notaio  G.
Bertuzzi,  in  Bologna,  del  18  novembre  2008,  rep.   n.   20350,
elettivamente domiciliato in Bologna, via Amendola n.  3,  presso  la
sede dell'Avvocatura regionale INAIL, convenuto, 
avente ad oggetto: accertamento negativo obbligo contributivo. 
    1. Con ricorso depositato in  data  8  ottobre  2010,  la  S.p.a.
Corticella Molini Pastifici ha esposto quanto segue: 
    a) in data 8 aprile  2008  aveva  sottoscritto  con  la  Societa'
cooperativa MP Service, con sede in  Eboli  (Salerno),  un  contratto
d'appalto per lo  svolgimento  di  diverse  attivita'  inerenti  alla
gestione del suo stabilimento produttivo situato a Bologna; 
    b) a seguito di un accertamento ispettivo,  svoltosi  fra  il  24
novembre 2009 e il 18 gennaio 2010, ed afferente al periodo 1° maggio
2008-30  novembre  2009,  i  funzionari   della   vigilanza   avevano
contestato alla MP Service di avere impiegato personale dipendente in
assenza di un  regolare  contratto  di  assunzione,  con  conseguente
omissione dei dovuti versamenti  contributivi  e  di  avere  versato,
giugno 2008-novembre 2009, solo parte dei contributi  risultanti  dai
modelli DM 10 presentati; 
    c) dall'accertamento erano, quindi, emerse omissioni contributive
per € 2.253,00 per l'impiego di personale non in regola, aumentati di
€ 45.000,00 a titolo di sanzione, ex art. 116, comma  8  e  seguenti,
legge n. 388/2000 e 36-bis decreto-legge n. 233/2006  nonche'  omessi
versamenti  in  relazione  a  quanto  dichiarato  nei  DM  10  per  €
136.942,00; 
    d) in data 29 gennaio 2010 aveva ricevuto notifica di verbale  di
obbligazione solidale n. 519/2010 ex art. 29 decreto  legislativo  n.
276/2003 come modificato dall'art.  1,  comma  911,  della  legge  n.
296/2006 in forza del quale le era stato intimato di provvedere entro
trenta giorni al pagamento delle somme di cui al precedente punto c); 
    e) a seguito del rigetto del ricorso amministrativo -  comunicato
con raccomandata del 2 luglio 2010,  aveva  provveduto,  in  data  16
luglio 2010, ad effettuare i versamenti per le omissioni contributive
e per le sanzioni civili al solo fine di evitare l'aggravio per spese
ed interessi che sarebbe derivato dall'iscrizione a ruolo delle somme
pretese dall'INPS; 
    f) successivamente, l'INAIL, con nota 1° settembre 2010, sempre a
seguito degli accertamenti ispettivi svolti dall'INPS e dalla DPL  di
Bologna, aveva contestato l'omesso versamento dei premi in  relazione
ai lavoratori presuntivamente impiegati «in nero» da MP  Service  per
€ 460,52 e la debenza della connessa sanzione di € 45.000,00 ex  art.
36-bis citato. 
    Cio' premesso, la societa'  ricorrente  ha  chiesto  che  venisse
condannato l'INPS  a  rimborsare  le  somme  di  € 2.253,00  e  di  €
45.000,00 gia'  corrisposte  in  ottemperanza  al  verbale  ispettivo
INPS-DPL, n. 519/10, nonche' l'accertamento della non  debenza  delle
somme il cui pagamento era stato sollecitato dall'INAIL. 
    Radicatosi il contraddittorio con l'INPS  e  l'INAIL,  che  hanno
chiesto il rigetto della domanda, e' stata espletata  una  consulenza
tecnica d'ufficio contabile al fine  di  verificare  l'esattezza  dei
conteggi eseguiti in sede ispettiva. 
    2. Nella specie viene, in primo luogo, in rilievo  l'applicazione
dall'art. 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003 nel  testo
modificato dall'art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre  2006,  n.
296, nella parte in cui prevede, in caso di appalto  di  opere  o  di
servizi,  che  committente  imprenditore  o  datore  di  lavoro   sia
obbligato in solido con l'appaltatore, entro il limite  di  due  anni
dalla  cessazione  dell'appalto,  a  corrispondere  ai  lavoratori  i
trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. 
    In particolare, la societa' ricorrente contesta che  tale  norma,
nel testo vigente prima  delle  modifiche  introdotte  dall'art.  21,
comma 1, del decreto-legge n. 5/2012, convertito in legge n. 35/2012,
trovi applicazione al credito degli enti previdenziali per  le  somme
aggiuntive o sanzioni civili, sostenendo che la prevista solidarieta'
passiva sia limitata ai contributi previdenziali in senso stretto. 
    Ad avviso del giudicante, questa impostazione difensiva non  puo'
essere condivisa per l'assorbente ragione che le somme aggiuntive  di
cui trattasi hanno natura di sanzione civile e sono  applicate  quale
effetto automatico, previsto dalla legge, in  caso  di  inadempimento
dell'obbligazione contributiva. 
    Va, al riguardo, evidenziato che il regime  degli  accessori  sui
debiti contributivi e', in deroga alla normativa generale in  materia
di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie (articoli 1224 e  1282
del codice civile), dettagliatamente disciplinato da  leggi  speciali
(art. 4, legge n. 48/1988, art. 1, comma 217, legge n. 662/1996, art.
116, legge n. 338/2000), le quali stabiliscono criteri e  misura  per
la determinazione delle somme aggiuntive. E' noto, poi, che le citate
norme, nel fissare i  criteri  di  calcolo  delle  somme  aggiuntive,
prevedono  una  conseguenza  automatica  dell'inadempimento   o   del
ritardo, allo  scopo  di  rafforzare  l'obbligazione  contributiva  a
risarcire, in  misura  predeterminata  dalla  legge  con  presunzione
«iuris ed de iure», il danno cagionato all'ente previdenziale, con la
conseguenza che non e' consentita alcuna indagine  sull'imputabilita'
o sulla colpa in ordine all'omissione  o  al  ritardo  del  pagamento
della  contribuzione  al  fine  di  escludere  o  ridurre   l'obbligo
suindicato (vedi, Cass. n. 8329/00, n. 2689/95, n. 10964/92). 
    La giurisprudenza della  Corte  di  cassazione,  con  la  recente
decisione n. 14475/09, ha, al riguardo, riaffermato il principio che,
in tema di omesso o ritardato versamento di contributi previdenziali,
le somme aggiuntive dovute secondo la legge  dal  contribuente  hanno
natura di sanzione civile e non amministrativa,  costituendo  effetto
automatico  delle  violazioni  a  cui  conseguono,  con  funzione  di
rafforzamento dell'obbligo contributivo e di predeterminazione legale
(con presunzione «juris et de jure»)  del  danno  cagionato  all'ente
previdenziale, cosicche' per esse non opera l'intrasmissibilita' agli
eredi disposta dall'art. 7 della legge 24 novembre 1981, n.  689.  Ne
consegue, dunque, che, in  caso  di  inadempimento  dell'obbligazione
contributiva da parte dell'appaltatore, il debito per  contributi  si
estende, per effetto diretto della legge, fino a  comprendere  quello
per le somme aggiuntive, con il  corollario  che  la  responsabilita'
solidale del committente non  resta  circoscritta  ai  contributi  ma
incorpora   anche   le   sanzioni   civili.   Infatti,   nell'ipotesi
dell'inadempimento  dell'appaltatore,  i   trattamenti   contributivi
previdenziali dovuti si intendono riferiti - come  ben  evidenzia  la
parola «dovuti» - sia ai contributi (credito per capitale)  sia  alle
somme aggiuntive (credito per sanzioni civili). 
    Il quadro normativo di  riferimento  e'  stato,  pero',  innovato
dall'art. 21 del decreto-legge n.  5/2012,  convertito  in  legge  n.
35/2012, il cui comma 1 ha sostituito il testo  previgente  dell'art.
29, comma 2, del decreto legislativo  n.  276/2003,  introducendo  il
principio,  in  questa  sede  rilevante,  che  dalla  responsabilita'
solidale  del  committente  «resta  escluso  qualsiasi  obbligo   per
sanzioni   civili   di   cui   risponde    solo    il    responsabile
dell'inadempimento». 
    Contrariamente a quanto sostenuto dalla societa'  ricorrente,  il
citato comma 1 dell'art. 21 decreto-legge n. 5/2012  non  ha  portata
interpretativa e,  quindi,  efficacia  retroattiva,  sia  perche'  la
formulazione letterale della disposizione in esame non contiene alcun
appiglio formale atto a  supportare  una  siffatta  lettura,  sia,  e
soprattutto, perche' viene ad assumere, rispetto al previgente quadro
normativo, come interpretato dalla Corte di cassazione,  una  portata
fortemente innovativa perche', presumibilmente per  la  prima  volta,
dissocia,  sia  pure  ai  limitati  fini  della  delimitazione  della
responsabilita' solidale del committente, il  debito  per  contributi
dal debito per sanzioni civili, nel caso di inadempimento all'obbligo
contributivo, per altro in  deroga  alla  disciplina  generale  sulle
obbligazioni solidali dettata dal codice civile. 
    Cio' detto, pero', l'entrata in vigore del nuovo testo del  comma
2  dell'art.   29,   come   ora   modificato,   ha   comportato   una
differenziazione della responsabilita' solidale dei  committenti  nel
senso che il committente risponde in via solidale  anche  del  debito
per le sanzioni civili  a  seconda  della  data  in  cui  si  colloca
l'inadempimento    dell'appaltatore.    In    altri    termini,    se
l'inadempimento si colloca prima dell'entrata  in  vigore  del  nuovo
testo dell'art. 29, comma 2, il committente deve rispondere, come nel
caso di specie, anche del debito per le sanzioni civili;  mentre,  in
caso contrario, il medesimo committente e' tenuto a versare.  in  via
solidale, soltanto l'importo dei contributi. 
    Se, quindi, il quadro normativo viene valutato nel suo complesso,
emerge che il regime della responsabilita' solidale  del  committente
in materia previdenziale resta soggetto a due  diverse  discipline  a
seconda  della  data  in  cui  si  viene  collocare   l'inadempimento
dell'appaltatore,  con  conseguente  possibilita'  di  ipotizzare  un
conflitto con l'art. 3 della Costituzione. 
    Infatti, la medesima situazione giuridica - cioe' quella  in  cui
versa il committente in caso  di  inadempimento  dell'appaltatore  al
debito contributivo - viene disciplinata dal legislatore in due  modi
completamente diversi senza alcuna giustificazione apparente, che non
sia  la  mera   casualita'   nella   quale   si   colloca   la   data
dell'inadempimento. 
    Al riguardo, e' bene considerare - come ben dimostra il  caso  in
esame - la diversa incidenza economica che viene ad assumere  per  le
imprese il contenuto della solidarieta' passiva  che  risulta  essere
molto piu' onerosa  -  comprendendo  anche  l'obbligo  di  pagare  le
sanzioni civili - per  gli  inadempimenti  degli  appaltatori  ancora
soggetti, ratione temporis, alla disciplina previgente. Cio' che crea
un risultato del tutto opposto ed irragionevole rispetto a quello che
era l'intento del legislatore del 2012 di semplificare la  disciplina
in materia di  appalti  pubblici.  Infatti,  se  si  consolidasse  il
vigente quadro normativo, gli oneri economici a carico delle imprese,
derivatiti dalla disciplina della solidarieta' passiva negli appalti,
continuerebbero  a  restare  particolarmente  gravosi   quanto   alle
situazioni  ante  riforma,  mentre   risulterebbero   particolarmente
alleggeriti quanto alle situazioni successive, con la conseguenza che
inadempimenti del medesimo importo avrebbero un'incidenza economica a
carico  delle  imprese  committenti  ben  diversa   e   difficilmente
giustificabile sotto il profilo della ragionevolezza. 
    Infine, non puo' essere trascurato un altro aspetto.  La  novella
del 2012 pone a carico del solo  appaltatore  l'onere  del  pagamento
delle sanzioni civili, cosi' alleggerendo l'obbligazione solidale del
committente. Sotto il profilo giuridico, quindi, la  nuova  normativa
esprime il principio che, in  materia  contributiva,  le  conseguenze
sanzionatorie  e  risarcitorie  previste  in  caso  di  inadempimento
restano a carico del soggetto - datore  di  lavoro  cui  puo'  essere
soggettivamente imputato l'inadempimento per non avere provveduto  al
tempestivo pagamento dei  contributi.  Questa  previsione  normativa,
rende ulteriormente irragionevole  quella  precedente  rispetto  alla
quale l'inadempimento dell'appaltatore  era  oggettivamente  posto  a
carico del committente, chiamato a rispondere per capitale e sanzioni
per il solo fatto dell'inadempimento. La nuova  disciplina,  infatti,
pur con la finalita' di favorire  lo  sviluppo  dell'economia  in  un
momento di crisi, ha modificato la natura giuridica  del  debito  per
sanzioni  civili,  introducendo  un  elemento   soggettivo   che   in
precedenza le era del tutto estraneo, come posto  in  evidenza  dalla
giurisprudenza, secondo cui il debito per le sanzioni civili  restava
soggetto alle regole generali in materia di obbligazioni, secondo cui
debitore in solido, essendo obbligato alla medesima prestazione, puo'
essere  costretto  all'adempimento  per  la  totalita'  del   credito
(capitale ed interessi) (art. 1292 e seguenti del codice civile).  La
novella del 2012, quindi, rende, sotto questo profilo,  ulteriormente
irragionevole e, quindi, in sospetta violazione dell'art. 3 Cost., il
permanere della disciplina previgente in forza della quale il  debito
per le sanzioni civili, in forza dei principi generali in tema  delle
obbligazioni   solidali,   resta   automaticamente   a   carico   del
committente,  cioe'  di  un  soggetto  al  quale  non   puo'   essere
materialmente  imputato   l'inadempimento.   Risulta,   quindi,   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 29, comma 2, del  decreto  legislativo  n.  276/2003,  come
modificato dall'art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre  2006,  n.
296, in relazione all'art. 21, comma 1, del decreto-legge n.  5/2012,
convertito in legge n. 35/2012, nella parte in  cui  prevede  che  la
responsabilita'  solidale  dell'appaltante,   in   caso   di   omesso
versamento da parte dell'appaltatore  dei  contributi  previdenziali,
comprenda anche il debito per le sanzioni civili o  somme  aggiuntive
per violazione dell'art. 3 Cost. 
    3. Sotto altro profilo e', nella specie, rilevante l'art. 36-bis,
comma 7, della legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato  l'art.
3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito in  legge  n.
73  del  23  aprile  2002,  introducendo,  nel  caso  di  impiego  di
lavoratori non risultanti dalle scritture o da  altra  documentazione
obbligatoria, una sanzione civile, connessa all'omesso versamento dei
contributi e premi riferita a ciascun  lavoratore  non  inferiore  ad
€ 3.000,00   indipendentemente   dalla   durata   della   prestazione
lavorativa accertata (c.d. maxi sanzione per lavoro nero). 
    Nel  caso  di  specie,  poiche'  per  le   ragioni   esposte   la
responsabilita' solidale del committente comprende  le  somme  dovute
per contributi e per  sanzioni  civili,  la  societa'  ricorrente  e'
tenuta, altresi', al pagamento anche della c.d. «maxi  sanzione»  per
il lavoro  nero,  trattandosi,  come  si  desume  dalla  formulazione
letterale della norma di riferimento, di una vera e propria  sanzione
civile conseguente ad un inadempimento ritenuto  dal  legislatore  di
particolare gravita' e non di  una  sanzione  amministrativa,  avente
finalita' esclusivamente punitiva e sanzionatoria. 
    Come confermato dalla consulenza tecnica d'ufficio, nel  caso  di
specie l'importo di questa sanzione appare, all'evidenza, eccessivo e
sproporzionato rispetto alla gravita' dell'inadempimento. Nel caso in
esame.  infatti,  sul  computo   complessivo   della   sanzione   ha,
pesantemente, influito la circostanza che l'appaltatore ha impiegato,
per periodi molto brevi, numerosi  lavoratori  non  risultanti  dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria. 
    Di  conseguenza,  un  inadempimento  contributivo  nei  confronti
dell'INPS pari ad € 2.253,00 ha dato luogo  all'applicazione  di  una
sanzione civile di € 45.000,00; e, addirittura,  l'inadempimento  nei
confronti dell'INAIL di soli € 450,62 ha, analogamente, comportato la
sanzione civile di € 45.000,00. 
    In tale contesto, non occorrono molte parole  per  spiegare  come
l'applicazione della sanzione - che spetta a ciascuno  dei  due  enti
previdenziali per complessivi  € 90.000,00  -  appaia  sproporzionata
alla    gravita'    complessiva    dell'inadempimento,     eccessiva,
irragionevole e ingiustamente vessatoria nei confronti del datore  di
lavoro, al quale viene richiesta una sanzione 33 volte  superiore  al
debito contributivo complessivo evaso (dato che, se si  considera  il
caso INAIL, sale a quasi 100 volte il valore dell'inadempimento). 
    E l'irrazionalita' di questa  disciplina  legislativa  emerge  in
modo  ancora  piu'  evidente  qualora  si   consideri   la   modifica
legislativa introdotta con l'art. 4 della  legge  n.  183  del  2010,
secondo cui l'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei
contributi e dei premi riferiti a ciascun  lavoratore  irregolare  e'
aumentato del 50%. 
    La riforma del 2010,  che,  essendo  entrata  in  vigore  dal  24
novembre 2010 non e'  applicabile  nel  caso  di  specie  perche'  il
comportamento illecito dell'appaltatore e' cessato il 12 gennaio 2009
e  gli  accertamenti  ispettivi  sono   stati   compiuti   in   epoca
antecedente, ha abolito la soglia minima per le  sanzioni  € 3.000,00
per ciascun lavoratore occupato in nero, introdotta  dalla  legge  n.
248 del 2006 a partire dagli accertamenti compiuti dopo il 12  agosto
2006 (comma 7, art. 36-bis citato), ed ha in sostanza ripristinato la
normativa prevista dall'art. 116, comma 8, lettera b) della legge  n.
388/2000,  che  prevede  l'applicazione,  in  ragione  d'anno,  della
sanzione civile del 30% all'ammontare contributivo evaso,  maggiorato
del 50%. In sostanza, la sanzione  si  applica  all'importo  ottenuto
dopo avere applicato le sanzioni civili pari al 30%, che va aumentato
dei 50%, cosi' determinando,  nel  caso  di  specie,  un  consistente
abbattimento della sanzione dovuta. Nella specie, secondo i conteggi,
a fronte di un'evasione contributiva complessiva INPS e  INAIL  di  €
2.713,53,  l'importo  delle  somme  aggiuntive  da  €  90.000,00   (€
45,000,00   richiesti   da   ciascun   istituto   previdenziale)   si
attesterebbe sulla minore cifra di € 1.221,09. 
    Cio' detto, non puo' non rilevarsi l'irragionevolezza complessiva
cosi' venutasi  a  creare  nell'ordinamento,  nel  quale,  nel  breve
periodo di vigenza della  disposizione  contenuta  nell'art.  36-bis,
comma 7, lettera a) del  decreto-legge  n.  223/2006,  convertito  in
legge n. 248/2006 - nel cui ambito ricade  l'odierna  fattispecie  in
esame, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti da  scritture
o  da  altra  documentazione   obbligatoria,   continua   a   trovare
applicazione una  sanzione  determinata  sulla  base  di  una  soglia
minima, particolarmente affluiva e, come dimostra il  caso  concreto,
del tutto sproporzionata alla gravita' dell'inadempimento, mentre  lo
stesso legislatore, avvertendo  la  particolare  vessatorieta'  della
sanzione,  e'  successivamente  intervenuto  per  ridurne  non  tanto
l'impatto economico ma per realizzare un sistema caratterizzato  allo
stesso tempo, da efficacia dissuasiva e da maggiore  equita'  perche'
la determinazione  della  sanzione  resta  comunque  agganciata  alla
gravita' dell'inadempimento. 
    Secondo  la  difesa  degli  enti  previdenziali   convenuti,   la
previsione di una  soglia  minima  si  giustifica,  anche  sul  piano
costituzionale, con  l'esigenza  primaria  di  indurre  una  maggiore
osservanza degli obblighi contributivi e di rafforzarne il  rispetto,
in un paese nel quale si e' sempre registrata  una  diffusa  evasione
contributiva. 
    In senso contrario, pero', puo' essere rilevato, in primo  luogo,
come proprio il legislatore, con la modifica introdotta  dall'art.  4
della legge n. 183 del 2010, abbia riconosciuto l'eccessivita'  dalla
c.d. «maxi sanzione» con l'approvazione di una diversa normativa  che
ha abolito proprio quella soglia minima che, nel caso in esame  porta
a risultati  afflittivi  abnormi,  per  cui,  sotto  questo  profilo,
l'applicazione  della  previgente   disciplina   appare   del   tutto
irragionevole perche' determina proprio quegli effetti  riflessi  che
sono stati espunti dall'ordinamento. 
    Inoltre, la razionalizzazione del sistema  sanzionatorio  attuata
con la legge n. 123 del 2010 non va colta nella riduzione della  c.d.
«maxi sanzione» in quanto tale, bensi' nel tentativo di realizzare un
meccanismo volto ad impedire proprio quegli effetti distorsivi che si
sono verificati nella fattispecie in esame, posto che l'entita' della
sanzione nel caso di evasione contributiva e' stata in  qualche  modo
ancorata alla gravita' dell'inadempimento posto in essere dal  datore
di lavoro, al quale e' imposto, oltre al versamento  dei  contributi,
il pagamento di una sanzione civile, che,  pur  mantenendo  efficacia
dissuasiva. si connette comunque all'entita' dei contributi omessi. 
    Risulta, quindi, non manifestamente infondata anche la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 36-bis, comma 7, della legge
4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato l'art. 3  del  decreto-legge
22 febbraio 2002, n. 12, convertito in legge  n.  73  del  23  aprile
2002, in relazione all'art. 4 della legge  n.  183  del  2010,  nella
parte in cui ha previsto, nel  caso  di  impiego  di  lavoratori  non
risultanti dalle scritture o da  altra  documentazione  obbligatoria,
una sanzione civile, connessa all'omesso versamento dei contributi  e
premi riferita a  ciascun  lavoratore  non  inferiore  ad  € 3.000,00
indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata
per violazione dell'art. 3 Cost. 
    Il presente procedimento va, dunque. sospeso  e  gli  atti  vanno
trasmessi alla Corte costituzionale per quanto di sua competenza.